martedì 8 maggio 2018

La scelta del buio. P. Pulixi


E anche il secondo libro della serie con protagonista Vito Strega è finito.
Piergiorgio Pulixi a me piace, ho letteralmente adorato la serie di Mazzeo e con il terzo libro, Per sempre, mi sono addirittura commossa. Mentre ho invece detestato il finale che secondo me non è stato affatto coerente col personaggio di Mazzeo e non so se riuscirò mai a farmene una ragione!! 
In seguito mi sono avvicinata alla serie de I canti del male dove si incontra per la prima volta Vito Strega, commissario osteggiato da tutti dopo la morte del suo partner.
In questo secondo romanzo lo troviamo alle prese con un altro caso che coinvolge poliziotti: il suicidio, forse un po' troppo perfetto, di un collega. Le cose non quadrano e a complicare il tutto c'è anche la scomparsa di una giovane donna e del suo neonato.
Tra capi che cercano di remare contro Strega, alcuni (pochissimi) sostenitori e l'intuito del commissario, il giallo si dipana veloce e spietato.
Nei libri di Pulixi non manca mai l'elemento piuttosto forte che va a colpire allo stomaco (non entro in nessun dettaglio per non rischiare spoiler involontari), c'è sempre una parte cattiva e dura anche se molto meno pesante in queste storie rispetto alle pantere di Mazzeo.
Amo molto Vito Strega, lo trovo un personaggio per ora coerente, intenso e che potrà offrire molto con la sua personalità  anche se il rischio dello stereotipo è dietro l'angolo. Ma per il momento l'autore non corre questo rischio e lo sviluppa benissimo.
Se devo trovare una pecca devo dire che manca di complessità. Mi spiego meglio, nella serie di Mazzeo le trame erano molto più articolate, probabilmente anche a numero di pagine eravamo superiori (non lo ricordo con esattezza ma la sensazione che ho è questa stando proprio all'evolversi delle vicende) e pur essendo scorrevolissimi, "restavano" per più tempo. In questi romanzi di Strega mi sembra tutto più veloce, non che il ritmo non sia adeguato alla storia stessa eh, perché lo è perfettamente! solo che è comunque più sbrigativo e io, per mio gusto personale, vorrei calarmi un pochino di più nel romanzo.
Detto questo, anche La scelta del buio mi è piaciuto da matti e ha aggiunto un ulteriore tassello alla già complicata, situazione di Strega.
Attendo, impaziente, la sua prossima avventura.


martedì 24 aprile 2018

soggettività, questa sconosciuta!

Quando l'opinione personale diventa oggetto di critiche prive di fondamento ,significa che ha punto sul vivo. E questa non è una mia opinione quanto più un dato di fatto. Io non mi inalbero per nulla se una cosa non mi tocca e, se mi tocca, a quel punto due sono le cose che posso fare: ribattere punto per punto argomentando o arrabbiarmi e ripetere frasi aleatorie e non concrete perché altro a sostegno non ho.
Leggo da quando avevo 3 anni e mezzo. Che non significa che a 4 anni leggessi Kafka (prima che qualche buontempone si possa attaccare a questo, sfottendo) ma significa solo che ho iniziato molto presto partendo dai libri per bambini perché per me la lettura è passione, piacere, evasione, è un modo bellissimo per imparare, crescere, ridere, piangere, emozionarmi. Emozionarmi significa che posso gioire per una bella storia o arrabbiarmi come una biscia per una brutta storia. Il tutto "secondo me", ché la chiave è la soggettività dei gusti.
Ma il web è pieno di mille cose e purtroppo anche di opinioni uniformi e soprattutto di "ultras letterari" e questi "fan" sono in grado di difendere l'indifendibile solo perché hanno deciso a priori che un autore è il massimo che si possa leggere nella vita.
Chi mi sonosce sa quanto io veneri Stephen King e ormai sono normali le battute del tipo "guarda che ti critico King" per farmi arrabbiare e indovinate un po'? si ride!! io lo difendo a spada tratta, ma rido! Dò delle capre ignoranti a chi non lo capisce ma continuiamo a ridere e nessuno si è mai sentito offeso dai miei insulti perché l'ironia traspare da ogni mia singola sillaba. Chiaro è che se leggi con il cervello chiuso ed ottenebrato dai quelli che sono i tuoi (dubbi!) gusti ,non ridi più e te la prendi. Ma questo non mi è (era) mai capitato e di commenti o recensioni acide ne ho scritti a miliardi perché l'ironia fa parte di me. Non scrivo pubblicamente Tizio è un deficiente, perchè è un'offesa all'autore che non conosco solitamente, ma scrivo chiaro e forte "il personaggio scritto da tizio è un deficiente" e trovo ridicolo dover aggiungere "secondo il mio gusto"... è la mia opinione su una mia lettura, di chi caspita dovrebbe essere il gusto? del postino? o, peggio, tuo ,caro ultras della letteratura?
Io amo le stroncature perchè spesso denotano molta più intelligenza dei meri commenti di elogio (che troppo spesso ormai si limitano a tristi e vuoti "è bellissimo; è fantastico" punto,senza dirmi il perchè come si vede anche leggendo e seguendo gruppi di letteratura) e mi aprono la mente a nuove prospettive o comunque accendono scambi di opinioni anche vivaci. Se però non ho nessun tipo di argomento a sostegno della mia tesi, che cacchio di scambio di opinioni è? Diventa solo una sterile e antipatica presa di posizione dove io dico "il linguaggio utilizzato è povero e le ripetizioni abbondano visto che la parola X è ripetuta tot volte in 3 pagine" e la risposta è "il libro è bello, sei offensiva a dir così"... e che vuol dire? per un dialogo la risposta dovrebbe essere "ma no! è proprio il bello del libro questo porre enfasi su una caratteristica ripetendola spesso, perchè ti fa ben capire quanto il personaggio sia così". E' un esempio banale ma che rende l'idea della differenza tra ultras (e lo sto ripetendo ad oltranza con volontà) e lettore con gusto opposto.
Ma se una cosa è indifendibile o se chi vuole difendere non ha proprietà dialettiche (perché può capitare anche questo), beh allora si parla del nulla e la mia idea ne uscirà ancora più rafforzata. 
Ma la lettura e i lettori sono altri, sono quelli che, a malincuore e soffrendo, ammettono anche quando il loro autore preferito fa una cazzata.
Mio Re, mio adorato King, te i finali non li sai scrivere. Ma ti amo di amore imperituro.
Peace&love

lunedì 23 aprile 2018

Sara al tramonto. M. de Giovanni


Sara  al tramonto è un libro oserei dire imbarazzante. L'inizio di questo commento non va per il sottile ma la lettura di questo romanzo (per fortuna breve) è stata un'agonia dall'inizio alla fine per tutta una serie di motivi a partire dalle descrizioni.
La trama è presto detta, abbiamo Sara che è una sorta di spia "de noantri" in pensione anticipata, che soffre terribilmente per la perdita del grande amore della sua vita, per seguire il quale ha abbandonato un marito ma, soprattutto, suo figlio, un bambino! così di punto in bianco, per la serie "al cuor non si comanda" manco avesse 14 anni e fosse come disubbidire a mamma e papà sull'orario di rientro. Ma tant'è, lo molla e noi dovremmo provare, credo, empatia. Io personalmente ho provato solo un fortissimo istinto omicida.
In pensione dicevamo, ma una sua ex collega (ora tecnicamente un capo) la richiama per un indagine non ufficiale perché pare esserci una bimba in pericolo (brava, l'istinto materno è sviluppatissimo in Sara). Un anziano e tipicamente bastardo uomo d'affari pare essere stato ucciso dalla figlia in preda a una crisi data dalla droga. Ora la ragazza è in galera ma l'ispettore che aveva condotto le indagini è andato a parlarci e lei ha detto che SENTE che la figlia è in pericolo perché l'ha vista magra e triste. (mamma in galera, nonno morto, cambio casa con gli zii... Strano eh che sia magra e triste), comunque l'indagine parte.
Affiancano Sara: questo ispettore e Viola, la moglie del figlio abbandonato (e pure morto nel frattempo) e, per accrescere il pathos, anche incinta. (ché ora a Sara ovviamente arriverà l'istinto "nonnifero " visto che quello materno era andato giù per il cesso) .
Non sto a dilungarmi sulla trama, casomai qualche masochista volesse avvicinarsi al romanzo! E se anche la trama fa acqua da tutte le parti e il finale è buttato là a caso, in 10 secondi e basato su tanta fortuna, tante cose non spiegate e una confessione piovuto dal cielo, non è nemmeno il peggio del libro.
È scritto male.
È ripetitivo.
Non è curato.
Tutte cose che secondo me sono una mancanza di rispetto per il lettore che spende soldi e tempo per leggere la tua storia.
Esempi ne abbiamo a carrettate. Sara e Teresa (il capo) si chiamano Mora e Bionda. Giuro. Come le veline, come due sciacquette dei siparietti anni '80 del drive in. Nomignoli migliori non ce n'erano?!?
Parlano in codice come ogni spia che si rispetti ed ecco che spuntano i criptici sms: "caffè?" e si trovano in pizzeria, "pizza?" e vanno a bere il caffè. GIURO!
Ci sono tutti i cliché : cassaforte dietro al quadro, armadio segreto con documenti segretissimi, tizio con cane grande che viene trainato, ragazza incinta che si rivela una spia coi controfiocchi, il capo bellissima donna di mezza età che si porta a letto i toy boy.
E la scrittura... Santa pace, la scrittura! Descrizioni che hanno miliardi di aggettivi che servono ad allungare il brodo e a rendere ridondante in tutto, la parola invisibile sarà ripetuta 4 volte per pagina così come i capelli grigi. Ripetizioni a oltranza, evidentemente non esistono sinonimi, ma soprattutto non esiste molto altro da dire se non ribadire quanto Sara sia grigia (ma bella eh se guardi bene) e invisibile, che è lì di fronte a te ma non la vedi finché lei non  decide di farsi vedere (no, non fa buh come i bimbi, questo ce lo risparmia).
Un libro brutto, scritto con noncuranza, con una trama inconsistente e una protagonista antipatica.
Non è un giallo, non è un libro d'amore. Non ho capito cosa sia, cosa l'autore intendesse, ma è uscita una cosa imbarazzante.
Ho amato Il metodo del coccodrillo di De Giovanni, molto. Ma erano altri tempi e altri modi di scrivere.
Io e questo autore abbiamo definitivamente chiuso. Mi resta solo la curiosità di capire i pregi ma le recensioni lette online si limitano a dire "che bello. Che meraviglia. Bellissimo" quasi che fossero commenti buttati li solo perché si è fan dell'autore, perché di spiegazioni a dimostrazione della bellezza non ne ho lette e, sinceramente, mi pare ovvio dato che di lati positivi, il libro, non ne ha manco mezzo.